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La guerra della sicurezza informatica

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Photo by Tima Miroshnichenko on Pexels.com

In questo ultimo mese è argomento principe, la guerra e la sicurezza informatica vanno di pari passo

Era previsto e scontato, nella guerra fisica entra anche quella informatica . Tra antivirus compromessi, o presunti tali, e riconoscimento facciale forzato il conflitto si estende oltre il campo propriamente bellico.

Attenzione all’uso di tecnologie informatiche russe. L’Agenzia nazionale per la Cybersicurezza Nazionale ha appena pubblicato nuove linee guida e raccomandazioni urgenti. Anche se non cita espressamente Kaspersky, il riferimento è ovvio, dopo la recente posizione critica di Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio (Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica), in merito in particolare all’uso dell’antivirus russo da parte delle PA. Ben 2700 quelle italiane a usarlo, con un rischio sul piano della sicurezza. Il punto cardine del recente avviso, caratterizzato sul sito del CSIRT italiano proprio da un banner su sfondo arancione (a rimarcarne la rilevanza e l’urgenza), è l’urgente raccomandazione ad effettuare nuove valutazioni sul rischio, nell’adozione di tecnologie informatiche erogate da aziende russe o legate alla Federazione Russa.

La notizia più stupida della settimana. Gli utenti di Facebook e Instagram non potranno augurare la morte o l’omicidio del presidente russo Vladimir Putin, nemmeno durante la guerra in Ucraina. Con una parziale marcia indietro Meta, la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp, ha fatto sapere che vieterà i post contro il capo del Cremlino dopo aver affermato la scorsa settimana che avrebbe consentito in via eccezionale la violenza verbale nei confronti dei soldati e del popolo russo agli utenti di Ucraina, Russia, Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia, Slovacchia, Ungheria e Romania nel contesto del conflitto in corso. Anche i leader russi potevano diventare oggetto di insulti e minacce ma a patto che queste ultime fossero credibili e circostanziate. Erano invece esclusi dai bersagli consentiti i prigionieri di guerra. Ora le cose sono cambiate.

Prende piede la Vpn in Russia. Non è infatti un caso che gli utenti Internet russi, nella prima settimana di invasione dell’Ucraina, abbiano scaricato le cinque principali app VPN su Apple e Google Store per un totale di 2,7 milioni di volte, un aumento della domanda di quasi tre volte rispetto alla settimana pre-invasione. Stesso discorso vale anche per la tecnologia Tor, software utile per anonimizzare la propria navigazione online, che ha visto intensificare il suo utilizzo dagli utenti russi sempre dopo i primi fatti sull’invasione. I cittadini russi non sembrano dunque accettare di buon grado le decisioni del proprio governo e ancor meno il loro distacco dai social occidentali, per i quali le alternative locali e gestite con le regole del Cremlino, non riescono a soppiantarne gli ormai stretti legami.

Russia-Ucraina e il riconoscimento facciale.  MediaZona ha raccontato della presa in custodia, il 1° marzo, di una cittadina moscovita di 27 anni che aveva rilanciato su Twitter la partecipazione a una manifestazione contro la guerra in piazza Pushkinskaya, in centro a Mosca. Alcune ore dopo aver pubblicato il tweet, il 24 febbraio, lo ha cancellato e una settimana più tardi è salita sulla metropolitana per recarsi ad un concerto. Durante il viaggio è stata arrestata dalla polizia ferroviaria in una stazione a nord della capitale. Dal racconto della donna, solo gli ufficiali di polizia di un dipartimento vicino conoscevano la motivazione: Sphere, così si chiama il sistema di riconoscimento facciale sui mezzi pubblici di Mosca, aveva riconosciuto una persona ricercata all’interno della metropolitana.

Chiudo parlando della statunitense Clearview AI, di recente bloccata anche in Italia, ha offerto gratuitamente i suoi servizi al governo ucraino per identificare possibili infiltrati russi, riunire i rifugiati con le loro famiglie e identificare i morti. Ma la sua tecnologia crea dei rischi.

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