
Venderci la nostra privacy, puntano su questo le grandi della tecnologia? Il paradosso delle buone cause confezionato in carta patinata
Su Atlantic qualche giorno fa è comparso un articolo sul marketing telefonico, più precisamente su chi risponde, ancora, al telefono. Quando ci vibra sul tavolo lo guardiamo perplessi, come se fosse una moka. Grossa parte del marketing oggi è di pertinenza dei bot che ci chiedono di pigiare un numero sul tastierino del telefono per capire il nostro interesse e se vogliamo essere ricontattati da un umano per avere una qualsiasi informazione in merito. Sarei curiosa di vedere i risultati di questa campagna a strascico.
Chiamare o rispondere è un’azione che compiamo di rado, tutto è lasciato in mano ai moderni messaggi vocali o chat. Il telefono non ci serve per telefonare o per lavorare ma per distrarci. Lo hanno capito bene i giovani che da un anno a questa parte cercano su Ebay i vecchi Motorola a conchiglia, hanno un uso basico e parsimonioso del mezzo.
Sono le stesse persone che hanno maturato il pensiero opposto: il tracciamento ossessivo delle big tech è una perdita di tempo. L’apparecchio rimane importante ma non fondamentale. La caccia al topo tra il consumatore e il venditore ha ormai senso? Distinguersi nelle strategie di vendita lo ha molto di più, Apple ha deciso di fare marketing utilizzando le scelte etiche. Il risultato è che la percezione nei suoi confronti si è rafforzata, i consumatori hanno la certezza che avere un prodotto di tale brand le metta a riparo da intrusioni indesiderate.
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