
Poche parole ma chiare. Quante volte in questi giorni le abbiamo sentite ripetere da Vincenzo De Luca nella veste di presidente della Campania.
Non è una sviolinata nei suoi confronti, non esprimo giudizi politici. Queste parole però, un po’ uno slogan, mi sono entrate nella testa e ci sono rimaste. Un monito, per chi fa il mestiere del comunicatore, che si può applicare nella vita quotidiana.
Poche parole ma chiare è il mantra che ci consegna questi giorni un po’ strani.
- Call interminabili
Lo stesso concetto potrebbe essere applicato anche in situazioni che hanno cambiato solo scenografia. Mi spiego meglio. Se si decide di fare una riunione tra colleghi via web non deve avere tempi biblici, la disciplina degli spazi è necessaria. Anche qui una scaletta sarebbe utile per non uscire fuori dal seminato e darsi come tempo massimo un’ora per poi chiudere.
- Streaming e fede
Ho seguito con interesse questa evoluzione, le chiese sono chiuse e tantissime piccole parrocchie si sono attrezzate a trasmettere sul web. Lasciamo da parte i problemi tecnici da improvvisazione, quasi normali, molti sacerdoti si sono trovati ad affrontare la novità del web senza capire che anche qui occorrono ‘poche parole ma chiare’. Si è preferito improvvisare. Hanno trasportato la normale liturgia secolare sul web con un risultato ibrido.
- Facciamoci capire
Il dubbio rimane sempre. Alla famosa domanda: hai capito? preferisco sono stata chiara? Il più delle volte il problema parte dalla fonte d’informazione e si propaga nelle altre parti della catena.
Non ci siamo capiti è quello che ci sentiamo ripetere con maggiore frequenza, è una forma più educata per dire non mi hai capita e quindi puntare il dito verso il solito malcapitato interlocutore.